Lager, ma di carattere.
Si chiama Cananèa la doppelbock calabrese
Articolo uscito il 13 febbraio 2017 a firma di Giuseppe Salvatore Grosso Ciponte su Cronache delle Calabrie. (errata corrige: la doppelbock è la Cananèa)
I grandi progressi nel mondo brassicolo si devono per la maggior parte ai monaci. La birra, inizialmente prodotta al solo scopo interno e per essere offerta a mendicanti e ospiti, divenne presto una merce preziosa e di guadagno per il sostentamento dei monasteri. Il vero salto di qualità della bevanda si ebbe nel Medioevo. Il monastero divenne, oltre ad un luogo di culto, un laboratorio dove si sperimentavano le ricette più svariate allo scopo di ottenere una birra sempre più buona ed apprezzata. E’ italiana, di Montecassino, la prima abbazia che iniziò a produrre birra. L’esigenza probabilmente si manifestò durante i lunghi periodi di digiuno. Bere birra non significava interrompere la regola di San Benedetto e forniva un buon apporto calorico. L’ingrediente che trasformò le birre del passato in quelle che conosciamo noi oggi è il luppolo, pianta rampicante infestante. Si intuì che ritardasse l’invecchiamento delle birre e se ne ebbe certezza con le sperimentazioni empiriche di Suor Hildegard von Bingen che ne dimostrò le proprietà antisettiche e antibatteriche. Anche i calabresi vantano un ruolo importante nel mondo brassicolo. Sono calabresi i monaci che fondarono nel 1070 l’abbazia di Orval, in Belgio, che oggi produce una delle birre più famose al mondo. Furono invece i minimi di San Francesco di Paola a fondare nel 1634 il birrificio Paulaner, in Germania, e loro è la prima ricetta prodotta, la Salvator, anch’essa molto famosa; una birra in stile doppelbock, lager di alta gradazione alcolica, complessa nel gusto e con prevalenti note maltate. E’ sono dei monaci trappisti le birre ancora oggi fra le più apprezzate dai consumatori sia esperti che occasionali. Birre spesso con un buon tenore alcolico e di grande complessità olfattiva, con una suadente nota fruttata e una persistenza aromatica importante.
E’ grazie a tutto questo, che oggi, a San Nicola, frazione di Montalto, un piccolo birrificio calabrese produce la birra inventata dai monaci francescani di Paola, la dopppelbock appunto. Lo stile della bassa fermentazione tedesca è un punto di riferimento per i soci del birrificio che hanno voluto omaggiare il loro paese utilizzando il suo antico nome, Aufugum. E non manca il riferimento ad una delle opere liriche più popolari, Pagliacci, originariamente intitolata Pagliaccio, di Ruggero Leoncavallo, che prende spunto da una storia vera, accaduta quando l’autore da ragazzo visse per un breve periodo nel paese calabrese: il logo del birrificio è il viso di un clown.
A fare gli onori di casa Aufugum è Gigi Catanzaro, ingegnere di professione, appassionato da anni di birra, che riesce, con altri due soci, anche loro homebrewer, nell’intento di aprire nel proprio paese un birrificio. Le loro prime due birre portano la firma di uno stile ben definito, quello del mondo tedesco. Una special lager, la Trisòria, e una doppelbock, la Cananèa, che gli permettono di farsi conoscere sul mercato e che gli danno l’opportunità di avere la forza di aumentare le referenze con altre due birre, questa volta di stampo inglese, una Strong Ale, la Iurànda, e una IPA, la Pirréra.
Ma la birra di cui vogliamo parlare è la birra dallo stile dei monaci conterranei, la ‘nostra’ doppelbock, la Cananèa. Birra dal colore ambrato carico, limpida e dalla bevuta vellutata. Al naso note maltate come sottofondo e sentori nocciolati che in bocca danno tenui sensazioni di torrone, caramello. I suoi 7.7 gradi alcolici sono poco percepiti e consentono una bevuta più agevole.
Un cortocircuito fra la Calabria e la Germania grazie anche alle tecnologie che oggi ci permettono di ‘imitare’ produzioni birrarie che fino a non molti decenni fa erano impossibili da eguagliare. Un tempo lo stile della birra era dettata dalla tipologia di acqua che si aveva nel sottosuolo. La composizione ne influenza significativamente i processi produttivi. Oggi invece questo limite è superato ed è possibile condizionarla in funzione delle nostre necessità grazie a strumenti come filtri ad osmosi, per esempio. Quindi, non solo in Calabria, è stato possibile cimentarsi in stili e sperimentazioni che hanno dato agli italiani la possibilità di farsi conoscere ed essere apprezzati anche all’estero in termini di qualità ed estro.
Prosit!