‘Nghiambara, che passione.

Le ultime cipolle di Tropea dell’estate, resistono e germogliano nella scatola sul balcone. Le metto a dimora nella terra e si completeranno scalogni o le cucino quasi scalogni e saranno nei piatti? Delle due strade, ne scelgo sicuramente una: la ‘nghiambara, un ricordo d’estate. E sì, perché questa estate, di ‘nghiambare ce ne sono volute proprio tante: dalle giornate in montagna, al ferragosto in piscina, al mare per i falò e tante e quante altre.

La ‘nghiambara non è né una frittata, né una crepé, né una piadina. Ma è la ‘nghiambara: una pastella di acqua e farina, alla quale si mescola poi la cipolla cotta, ma anche cruda a seconda del gusto e dell’usanza. Aggiustata di sale, con un filo d’olio evo viene cotta in padella a fuoco medio. È una preparazione tipica e antica della città di Cosenza. Un piatto per quanto semplice e povero, molto, ma molto buono.

La preparo così: mescolo la pastella e nel frattempo che questa riposa, preparo la rossa cipolla, oppure bianca o fresco scalogno; difatti la ‘nghiambara è senza tempo e senza stagione. La taglio a rondelle, non spesse e non sottili, e la riduco in padella fino a caramellare gli zuccheri affinchè diventi trasparente, quasi cremosa, ma con i pezzi ben evidenti e ancora consistenti.

Mescolati insieme i preparati (la pastella e la cipolla), la ‘nghiambara inizia a prendere finalmente forma. A me piace cucinarla bella larga, come la tesa di un parasole, affinché sia sottile, ma non trasparente, girandola sentendola sfrigolare, una o due volte. Il colorito sarà un bel dorato e la consistenza vuole essere croccante all’esterno e morbida all’interno.

Appena pronta, velocemente spadellata e impiattata fumante, la divido in grossolane porzioni, stracciandola delicatamente con le mani, dai bordi fino al centro. La prima ‘nghiambara finisce in fretta, le altre, quelle che riescono ad essere servite in tavola, troveranno La Piccola BRQ #24 per osare l’abbinamento. Che profumo! E che altro potrei dire, se non “a favurire!”

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