Sanguinella di riso Nerone
Se arancina o arancino è uno storico distinguo di genere che mi lascio alle spalle. A larghe linee, e semplificando, si può dire che: al femminile è in uso a Palermo per via della forma tonda, a simboleggiare le arance ed è realizzata al sugo con il ragù, piselli e formaggio, al maschile è in uso a Catania per via della forma a cono, a simboleggiare il vulcano, l’Etna, ed è realizzato al burro con lo zafferano, formaggio e prosciutto. In ogni caso, in Sicilia, se ne producono e consumano a migliaia in ogni dove, orientale o occidentale dell’isola che sia, senza stare troppo a sottolineare luogo, forma e farcia, soprattutto nei giorni che ricorrono la festa di Santa Lucia, ogni anno il 13 dicembre.
Un cibo di veloce consumo, da strada, antico, che segue il passaggio e segna storicamente questa regione dalle tante invasioni e influenze di popoli, usi e costumi; perciò, accomunando caratteristiche da entrambe le parti, penso e realizzo una Sanguinella di riso Nerone. Osservo dall’una la forma tonda e il nome di un tipo d’arancia e dall’altro il nero lavico, la magmatica cremosità della farcia e il fumante del vulcano. Perché si sa, arancina o arancino che dir si voglia, calda e rigorosamente appena fritta è meglio, altrimenti sarà comunque ottima, ma per il giorno dopo. Così facendo, mi tiro fuori da qualsiasi fraintendimento da tipicità siciliana mettendomi in salvo, come quando da piccoli si era protetti da ‘tocco terra e non gioco più’.
Partendo dal bel mezzo del Mar Mediterraneo, è doveroso girare largo e passare dalla Cina, per risalire la nostra penisola fino ad alcune specifiche zone della Pianura Padana dove viene coltivato il riso Venere, nero. Ciò accade dal 1997 quando nasce in Italia questa varietà, dalla ricerca della SA.PI.SE (Sardo Piemontesi Sementi) ad opera dell’ibridatore cinese Wang Xue Ren, ed ottenuta attraverso una razza sperimentale messa a disposizione dall’I.R.R.I. (International Rice Research Institute), il più importante ente mondiale per la conservazione delle varietà di riso.
Ma la leggenda narra che, fino a qualche secolo fa, il riso nero veniva riservato, sia per le difficoltà di coltivazione, che per la sua rarità e perché gli venivano attribuite caratteristiche afrodisiache, solo alla corte e alla dinastia imperiale cinese, era detto infatti riso dell’Imperatore o anche riso proibito. A tutt’oggi, grazie anche a questa ricerca, il riso nero è destinato al largo consumo, rimanendo però un prodotto pregiato per le sue caratteristiche nutrizionali e organolettiche. Sempre in Pianura Padana, si coltiva e produce un’altra ed ottima varietà di riso nero, il Riso Nerone; lo scelgo perché biologico, integrale, carico di antociani, preziosi antiossidanti naturali nel pigmento dello strato esterno, oltreché utile per fosforo e magnesio. E lo scelgo perché mantiene una vivacità e una brillantezza di colore in cottura sorprendenti, che associati all’aroma, tra legno di sandalo e pane cotto appena sfornato, mi dà un giusto equilibrio e morbidezza per realizzare le arancine suddette.
Metto in ammollo il riso, per diminuire i tempi di cottura, ma soprattutto per avviare il processo di germinazione che aumenta i valori nutrizionali del chicco e ulteriormente la sua digeribilità. Una volta cotto, manteco con burro, parmigiano e invisibili scorze d’arancia, daranno la sensazione del succo ad ogni morso e sentore di freschezza. Per la farcia, cremoso gorgonzola e zucca gialla all’alloro e a racchiude e preservare il tutto, la panatura leggera. Il cestino per il pic-nic è pronto, le giornate sembrano vogliano anticipare la primavera e assecondare l’incontro tra la dea romana e l’Imperatore, di Roma. Se la storia è leggenda non si sa, ma la birra Piedi Neri del Birrificio Croce di Malto, a base di riso Venere, e le arancine Sanguinella, a base di riso Nerone, fanno del connubio la storia e insieme “ardita” realtà.